Sul terreno minato di Banca Etruria, a dare l’assist ai renziani, che per bocca del presidente del Pd Matteo Orfini si lanciano in un nuovo furioso attacco contro Via Nazionale, è Roberto Rossi, procuratore di Arezzo e titolare del fascicolo che ha visto indagato per bancarotta Pierluigi Boschi, ex vice presidente dell’istituto e, soprattutto, padre del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena. Convocato dalla Commissione d’inchiesta, Rossi non solo stigmatizza l’estraneità di Boschi alle indagini, ma esprime pesanti perplessità sull’operato di Bankitalia. Poi, nella parte dell’audizione secretata, informa i parlamentari degli accertamenti in corso nei suoi uffici sull’operato degli organismi di vigilanza. Verifiche che, per competenza, come lo stesso procuratore ammette, spetterebbero alla procura di Roma. Mezz’ora dopo infuria la bufera tra Pd, e Cinquestelle. E tra Pd e Palazzo Koch. Rossi, che ha rischiato il trasferimento per incompatibilità ambientale e il procedimento disciplinare per una vecchia consulenza con il governo Letta, ereditata anche dall’esecutivo Renzi, e per l’archiviazione di quattro procedimenti a carico di Boschi dei quali non aveva avvertito il Csm (tutto archiviato) ha parlato per cinque ore. Prima l’attacco a Bankitalia: il giudizio di «partner di elevato standing» nei confronti di Popolare di Vicenza per l’aggregazione con Etruria, ci è sembrato «singolare», considerando come a via Nazionale avessero «appreso già nel 2012 che la situazione» della banca veneta era «anche peggiore di quella di Banca Etruria».