Coronavirus insegna

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“L’emergenza coronavirus ci indica una strada importante: più sostegno alla sanità pubblica che, nei momenti di crisi come questo, è la sola a rispondere.” È questa la tesi di Elena Ostanel, portavoce de Il Veneto che vogliamo, il movimento civico e popolare nato ormai un anno fa che raduna le liste civiche di tutto il Veneto. Ostanel continua: “Dobbiamo tutti ringraziare chi in questi giorni sta lavorando in trincea, facendo doppi e tripli turni nelle strutture sanitarie di tutto il Veneto: medici, infermieri e infermiere, oss, ricercatori e ricercatrici che lavorano in sotto organico negli ospedali del Veneto, soprattutto nelle aree periferiche”.
“È ora di invertire la rotta rispetto alle politiche del presidente Zaia e della sua giunta: serve un piano speciale di sostegno al servizio pubblico per rispondere ad alcune criticità importanti. Mancano medici, in particolare nelle aree montane e interne: si stima un sotto organico di 1500 unità. Servono ospedali di comunità, che sappiano garantire servizi specialistici anche a chi vive lontano dagli ospedali di riferimento e un’assistenza domiciliare più capillare ed efficace: erano stati promessi, ma non sono mai stati realizzati”.
“Il modello è quello delle Case della Salute in Emilia Romagna – propone Ostanel – strutture che garantiscono un servizio di territorio capillare avvicinando i servizi sanitari specialistici ai cittadini e non viceversa. Non è possibile che vivere in montagna significhi rischiare di non arrivare in tempo ad un’ospedale di riferimento”. Interviene anche il secondo portavoce de Il Veneto che vogliamo, Giorgio De Zen, attivo per la tutela della sanità pubblica nell’Alto Vicentino: “Zaia risponde che non è in corso una privatizzazione della sanità in Veneto? Che lo chieda alle donne che pur avendo un’impegnativa con urgenza a dieci giorni non trovano posto per fare un’ecografia e devono andare a pagamento. Sappiamo bene che il meccanismo del “galleggiamento” serve a mascherare la realtà ben più drammatica della lunghezza delle liste d’attesa. Chi si sente dire “la richiameremo” finisce in questo limbo chiamato, appunto, galleggiamento. Dobbiamo ridurre drasticamente le liste d’attesa nel pubblico – chiude De Zen – e noi abbiamo un piano per farlo aumentare l’offerta, in particolare territoriale, con più personale assunto per affrontare le criticità. Investire in sanità pubblica è l’unico modo per ridurre le disuguaglianze e far sì che le persone si sentano parte di una comunità, non possiamo lasciare nessuno solo in attesa di una visita urgente”.

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