In questi giorni di grandissima difficoltà per la emergenza sanitaria Covid-19 si propone un contributo sul tema degli impatti sui bilanci delle società che si trovano anche esse ad affrontare una situazione senza precedenti, almeno nella storia recente e che lascerà sotto diversi aspetti segni indelebili e di non facile assorbimento. Come evitare che i bilanci dell’esercizio in corso subiscano gli effetti dirompenti della fermata obbligatoria che la gran parte delle aziende ha subito in questo periodo?
La tempestività di una soluzione è necessaria a maggior ragione per i soggetti il cui esercizio sociale non coincide con l’anno solare. È infatti a tutti evidente che attualmente le imprese sostengono costi ed oneri ai quali non si possono contrapporre i relativi ricavi a causa del blocco della produzione e della relativa attività di vendita.
Forse non ė necessario un intervento legislativo. Le fonti a disposizione, in particolare il codice civile integrato dai principi contabili (OIC), hanno alcune disposizioni che potrebbero fare al caso e che fanno pensare come il legislatore (previdente) abbia già definito una fattispecie riconducibile al caso in oggetto.
La supremazia stabilita dall’art. 2423, comma 2 del c.c (un architrave della redazione del bilancio) dice: “Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio”.
Si è detto che questo rappresenta un limite generale alla discrezionalità degli amministratori nella formulazione del bilancio, limite che è ulteriormente rafforzato dal comma 5 del medesimo articolo: “Se, in casi eccezionali, l’applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato” che per l’appunto prescrive di disapplicare in casi eccezionali le specifiche disposizioni quando queste siano incompatibili con la rappresentazione veritiera e corretta [1].
A supporto vale richiamare il basilare principio della competenza economica e quello discendente della correlazione costi – ricavi: i costi devono essere correlati con i ricavi dell’esercizio. Detta correlazione costituisce un corollario fondamentale del principio di competenza economica ed intende esprimere la necessità di contrapporre ai ricavi dell’esercizio i relativi costi siano essi certi che presunti [2].
Fatte queste premesse, il fenomeno che stiamo subendo è senz’altro di natura eccezionale e sulla eccezionalità, vuoi per la diffusione territoriale, vuoi per i tempi con i quali si è diffusa, vuoi per le conseguenze in termini di vite umane, vuoi per l’imprevedibilità del fenomeno, vuoi per l’impatto finanziario ed economico, non si debbono dare ulteriori spiegazioni.
Sappiamo che le valutazioni di bilancio (ci riferiamo qui alle società OIC adopter) devono essere eseguite secondo le disposizioni di legge, integrate da corretti principi contabili (OIC), e nel limite della ragionevolezza (principi di prudenza e continuità). Sappiamo anche che con la riforma del 1991 (D. Lgs. 127/91) relativamente all’art. 2423 c.c. vi è stato il passaggio dalle “speciali ragioni” di deroga ai criteri di valutazione, ai “casi eccezionali” (art. 2423, comma 5 c.c.).