L’emorragia delle imprese: oltre 1.800 andate perse

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L’effetto combinato di Covid, Dpcm vari e crollo dei consumi si fa sentire in modo pesante sulla demografia delle imprese. In particolare, il Nord-Est ha chiuso il 2020 ottenendo una medaglia per nulla gradita: quello di peggiore territorio in Italia per quanto concerne il rapporto fra nuove iscrizioni e cessazioni al Registro delle imprese, con un saldo di -4200 secondo i dati forniti a livello nazionale da Unioncamere. E in Veneto la situazione è particolarmente preoccupante. Mentre la vicina Lombardia è riuscita, ad esempio, a far annotare un +0,30% nel tasso di crescita, il Veneto registra uno sconfortante -0,38%, frutto di un saldo negativo di 1.822 imprese, fra le 21.827 iscrizioni e le 23.649 cessazioni. Il rendimento migliore fra le singole province è quello di Verona, che è riuscita a mantenere intatto il pacchetto aziende, mentre Padova perde “solo” lo 0,15%, con 146 aziende in meno, frutto di 4.463 iscrizioni e 4.609 cancellazioni. Ultima Rovigo con un calo quasi dell’1% (-0,96%).

«Proprio perché ci troviamo in uno dei territori maggiormente colpiti dalla crisi innescata dal Covid è necessario provvedere con urgenza a riaprire i mercati in sicurezza», commenta i dati Jonathan Morello Ritter, presidente dei Giovani imprenditori di Confapi Veneto. «Un problema importante è la mancanza di fiducia che scoraggia l’apertura di nuove attività. L’incertezza e la lentezza della macchina delle riforme e della pianificazione hanno per effetto quello di mettere ulteriormente in crisi il nostro tessuto imprenditoriale. È invece necessario avere una visione e lasciare alle imprese la possibilità di fare previsioni per poter effettuare investimenti. Lo sottolineiamo con vigore proprio oggi, dopo aver assistito al triste spettacolo andato in scena sui banchi del parlamento, col Governo occupato a cercare i voti per salvarsi, mentre le priorità del Paese sono passate in secondo piano».
Morello Ritter evidenzia poi un altro aspetto della questione: «Occorre salvaguardare il mondo del lavoro con la prevenzione e attraverso strumenti di protezione. Oggi, però, non sono previste agevolazioni per chi ad esempio vuole far fare i tamponi nella propria azienda e il costo di 12-15 euro l’uno non può essere sostenibile a lungo termine. Allo stesso tempo, un altro dei temi chiave, già sollevato da Confapi a livello nazionale, riguarda la vaccinazione di tutti gli addetti in azienda: per quelle imprese che decideranno di far fronte a questo impegno straordinario devono essere trovati a livello normativo meccanismi premianti dal punto di vista fiscale o contributivo».