Nel 2020, annus horribilis dell’economia italiana, la pressione fiscale è salita attestandosi al 43,1 per cento; la stessa soglia che avevamo toccato nel 2014, a soli 0,3 punti percentuali dal record storico che abbiamo registrato nel 2013. Pressione fiscale, ricorda l’Ufficio studi della CGIA, che è data dal rapporto tra le entrate fiscali e quelle contributive sul Pil.
Ovviamente, l’incremento di 0,7 punti percentuali rispetto al 2019 è ascrivibile in massima parte al crollo del Pil che l’anno scorso è sceso dell’8,9 per cento. Sebbene sia stata più contenuta di quella registrata da quest’ultimo, anche le entrate fiscali e contributive hanno comunque subito una forte contrazione del gettito (-6,3 per centro). In termini assoluti il fisco, l’Inps e le casse previdenziali hanno riscosso 711 miliardi di euro, 48,3 miliardi in meno di quanto registrato nel 2019.
Nonostante queste precisazioni, fa sapere l’Ufficio studi della CGIA, è evidente che il carico fiscale complessivo che grava sulle famiglie e sulle imprese costituisce un grosso problema. Lo era prima della pandemia, figuriamoci adesso, con moltissime aziende a rischio chiusura e con tantissime persone scivolate verso la soglia di povertà.
Entro luglio altri 50 miliardi di contributi a fondo perduto.
Oltre all’azzeramento delle tasse, l’Ufficio studi della CGIA auspica che l’esecutivo metta sul tavolo almeno altri 50 miliardi di euro entro il prossimo mese di luglio che consentano di rimborsare in misura maggiore di quanto è stato fatto sino a ora le perdite subite dalle aziende e permettano agli imprenditori di compensare anche una buona parte dei costi fissi sostenuti. Modalità, quest’ultima, che la Francia e la Germania hanno applicato da alcuni mesi, avendo recepito le nuove disposizioni introdotte dall’UE in materia di aiuti di stato alle imprese.