Delle cento e passa esposizioni di Marco Goldin, Le Storie dell’Impressionismo, in apertura al Museo di Santa Caterina venerdì alle 20, hanno avuto il prologo culturale più ricco, sul piano sia organizzativo che dottrinale, con i nove racconti-spettacolo multimediale in città italiane e i sei al teatro civico. Chi viaggia e frequenta i grandi musei pensa di saperne abbastanza degli impressionisti con quanto ha appreso al Musée d’Orsay o altrove. Goldin, però, è andato a cercare capolavori disseminati anche in luoghi difficilmente inclusi negli itinerari turistici (Baden, Hartford, Karlsruhe, Leeds, Perpignan, Troyes, Columbus, Wiliamstown); e ha ottenuto opere in prestito da grandi musei notoriamente contrari a concederne (Chicago). Il pubblico potrà fruire la mostra come fosse un dipinto di grandi dimensioni eseguito dallo stesso Goldin. Nelle linee del suggestivo paesaggio da lui ritratto si ammireranno insieme le pennellate abbaglianti di Monet, le forme plastiche di Degas, i colori saturi di Renoir, ma anche il repertorio di Hokusai e Hiroshige, e persino la fotografia.