TROPPA BUROCRAZIA, VADO IN CINA

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La burocrazia e le difficoltà di accesso al credito fanno perdere al Polesine una grande occasione che avrebbe favorito economia e occupazione. La Askoll, un’azienda di Dueville (Vicenza), aveva progettato di fabbricare la prima vera auto elettrica italiana in uno stabilimento della nostra provincia. Il progetto prevedeva un investimento da cento milioni di euro, ma non si potrà sviluppare in Italia, così il colosso vicentino ha dovuto abbandonare l’idea di riprendere l’attività nella fabbrica di San Bellino e ha iniziato a tessere i rapporti con la Cina, dove l’accordo, ormai, è quasi fatto. A parlare di questa grande occasione persa è il patron dell’azienda, Elio Marioni, che racconta quanto avvenuto con grande delusione. «A San Bellino abbiamo uno stabilimento abbandonato. L’av­evamo acquistato più di una decina di anni fa per produrre materiale destinato agli Usa, ma con il cambio sfavorevole dell’euro, abbiamo dovuto chiuderlo dopo poco. Avevamo circa 120 dipendenti e contavamo di superare i 300 a piena produzione, ma tutto è andato a gambe all’aria: il casello autostradale di Villamarzana è arrivato molti anni dopo che la politica l’aveva promesso e ancora più tardi si è completata la Valdastico. Intanto chi voleva investire lì, come noi, non ha più potuto farlo». «Non mi resta che andare all’estero, in Cina, dove ho già iniziato le trattative. Intanto Rovigo ci rimette per la seconda volta, perché non ho la disponibilità finanziaria dei 100 milioni necessari».

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