E sempre l’anno scorso, tra evasori totali, paratotali, lavoratori in nero e irregolari sono state scoperte oltre 32.000 posizioni irregolari. «Non è un caso che l’accertato abbia assunto una dimensione così importante – sottolinea il coordinatore della CGIA Paolo Zabeo – il merito va alla politica adottata in questi ultimi anni dall’Amministrazione finanziaria che ha intensificato in maniera encomiabile l’azione nei confronti dei grandi evasori. Infatti, nonostante il numero delle persone fisiche scoperte in questi ultimi anni sia in costante calo, è invece in deciso aumento l’imponibile recuperato». Sebbene il risultato ottenuto nel 2015 non abbia precedenti, è utile ricordare che negli ultimi 15 anni l’attività della Guardia di Finanza contro gli evasori ha consentito di portate a “galla” quasi 506,5 miliardi di euro e di “scovare” oltre 509.000 evasori. «Se eseguiamo una media molto trilussiana – segnala il segretario della CGIA Renato Mason – possiamo affermare che negli ultimi 15 anni gli uomini delle Fiamme gialle hanno sottratto ogni giorno agli evasori fiscali 92,5 milioni di euro di imponibile». Non va comunque dimenticato che una cosa è l’imponibile accertato e un’altra cosa è la riscossione effettiva, ovvero quanto viene effettivamente incassato dal fisco dopo i vari livelli di giudizio. Secondo gli ultimi dati messi a disposizione dalla Corte dei Conti nella “Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2015”, negli ultimi anni l’incidenza della riscossione sull’accertato di competenza è in costante aumento: nel 2015 ha raggiunto il picco massimo del 14,8 per cento (in termini assoluti corrisponde ad un “incasso” di circa 9,8 miliardi di euro). «Pur riconoscendo il risultato ottenuto – conclude Zabeo – rimane ancora molto lavoro da fare. Non dobbiamo dimenticare che le ultime stime elaborate dall’Istat ci dicono che l’economia sommersa – che include l’evasione da sotto-dichiarazione, da lavoro irregolare e da altre forme di evasione – si aggira ogni anno attorno ai 191 miliardi di euro pari all’ 11,9 per cento del Pil italiano. Nel 2015, come dicevamo, grazie all’operato della Guardia di Finanza ne sono emersi 61 miliardi. Vale a dire il 32 per cento circa del totale stimato». L’Ufficio studi della CGIA fa sapere che secondo gli ultimi dati resi noti dall’Istat sull’ “Economia non osservata nei conti nazionali”, di questi 191 miliardi di euro di valore aggiunto generato dall’economia sommersa il 52,1 per cento è ascrivibile all’attività sotto-dichiarata dagli operatori economici (pari a 99,4 miliardi), il 37,7 per cento al lavoro irregolare (che corrisponde a 71,9 miliardi di euro) e il restante 10,2 per cento ad altre componenti, come i fitti in nero e le integrazioni domanda-offerta (pari a 19,5 miliardi). Si ricorda, infine, che le unità di lavoro irregolare presenti in Italia sono circa 3 milioni e mezzo. Il 71,5 per cento circa è costituito da persone occupate in prevalenza come dipendenti (pari a 2 milioni e mezzo circa). Incidenze molto elevate di irregolarità occupazionale si registrano nei servizi alla persona (45 per cento), nell’agricoltura (17,6 per cento), nel commercio/ristorazione (15,6 per cento) e nelle costruzioni (15,4 per cento).