‘Quello che stiamo vivendo nella valle del Po non è un episodio isolato, è parte di una tendenza irreversibile alla modificazione dei sistemi idrici, legata al cambiamento climatico, rispetto alla quale dobbiamo urgentemente adattarci in una maniera stutturale e questo non può che passare da un ripensamento degli usi delle acque’. Il monito porta la firma di Giacomo Parrinello, storico dell’ambiente e assistant professor al Centro di storia di Sciences Po, l’istituto di studi politici di Parigi. Questo ripensamento ‘implica un confronto sui modelli economici ma anche su chi e come prenderà le decisioni per la riorganizzazione degli usi delle acqua, necessaria per via della crescente scarsità, così da assicurarsi che sia una riorganizzazione giusta e non ingiusta. Che tenga cioè conto nella maniera migliore possibile degli interessi dei più e non dei pochi’, sottolinea il docente, intervistato dalla ‘Dire’. Ma intanto che effetto fa, per uno storico, vedere le immagini del Po talmente a secco da far affiorare i mezzi militari della seconda Guerra mondiale o un ponte medievale? ‘Questa siccità non potrebbe arrivare per me in un momento migliore, o peggiore- risponde il docente- perchè sto scrivendo, ormai da molti anni, una storia del bacino del Po nella quale mi interesso al modo in cui lo sviluppo economico nella regione padana, che come sappiamo è quelle più ricche d’Italia, è dipeso storicamente dall’abbondanza di acqua e il punto di arrivo della mia storia, che abbraccia circa due secoli, è per l’appunto una siccità e cioè quella del 2003’: fu un evento ‘di portata epocale- continua Parrinello- perchè rappresenta la prima delle grandi siccità contemporanee’. Ma il professor Parinello lancia anche un altro paradosso. Fronteggiare l’aumento della siccità con la realizzazione di nuovi invasi, come si sta pensando per il bacino padano? “Illusorio” o, ancora peggio, “più dannoso che utile”.
Le ondate di calore che stiamo vivendo “ormai ce le terremo per il resto delle nostre vite e nel migliore dei casi non peggioreranno, questa è la battaglia. E’ per questo- continua Parrinello- che sono importanti le due facce del cambiamento climatico: una è quella dell’adattamento, ovvero dobbiamo adattarci alle condizioni nuove che abbiamo creato e che non possiamo più disfare, l’altra è quella della mitigazione e cioè dobbiamo fare in modo di evitare, attraverso la riduzione delle emissioni di Co2, che la situzioni peggiori”. Certo, ci sono interventi sugli sprechi e sugli acquedotti che “vanno fatti e sono importanti- aggiunge Parrinello- ma se non si fa una vera discussione sugli usi dell’acqua”, allora “non si va da nessuna parte”. Eppure, allo stesso tempo, c’è anche il problema dell’eccesso di acqua, visto che si ripetono alluvioni e allagamenti. Com’è possibile? “E’ una bella domanda, perchè va al cuore del paradosso che si fatica a comunicare sul cambiamento climatico e il suo impatto sul ciclo delle acque. Quello che i climatologi ci dicono sta succedendo- spiega Parrinello- è una modificazione del regime delle piogge e delle nevi. Le precipitazioni nevose cominciano più tardi e finiscono prima per l’aumento delle temperature anche in montagna, quindi cade meno neve perchè cade sotto forma di pioggia’’.