L’Adriatico, laboratorio di cooperazione

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“La positiva esperienza del progetto Dory può diventare il punto di partenza per il percorso di cooperazione tra le regioni adriatiche nell’ambito delle iniziative a supporto dello sviluppo della Macro Regione Adriatico-Ionica, nell’ottica di dare risposta alle mutate esigenze del settore ittico in un contesto di crisi e di diminuzione dello sforzo di pesca”. Così l’assessore regionale alla pesca Giu­seppe Pan ha introdotto a Venezia la due-giorni conclusiva del progetto transfrontaliero, finanziato nel­l’am­bito del programma Italia-Croazia 2014-2020, che per 21 mesi ha visto collaborare le regioni italiane del­l’Alto A­dri­atico Ve­neto, Mar­che, E­milia Ro­ma­gna e Friuli Ve­­nezia Giu­lia, la contea di Zara, l’I­sti­tuto per le risorse biologiche e le biotecnologie del CNR, l’a­gen­zia di sviluppo della contra di Spa­lato -Dalmazia e l’istituto di Oceaonografia e Pesca di Spalato nella ricerca di misure gestionali e strumenti innovativi per salvaguardare la biodiversità marina e ridurre l’impatto ecologico delle attività di acquacoltura. Una parte significativa della sperimentazione si è svolta al largo delle coste venete, negli impianti di allevamento di mitili al largo del delta del Po, alla ricerca di metodi e all’adozione di reti e materiali biodegradabili, in collaborazione con la Coope­rativa Pescatori dell’A­dr­iatico di Scardovari. “Il proget­to­DORY ci ha consentito di dare continuità – ha ricordato Pan – all’importante percorso di cooperazione tra le regioni adriatiche avviato sin dai primi anni del 2000 e consolidatosi nell’Alto Adriatico con i progetti Adri.Fish, Fish.Log, Connect, Adri.Blu ed Ecosea, anticipando le indicazioni dell’Unione Europea in tema di gestione dell’attività di pesca e acquacoltura e di tutela degli ecosistemi e delle risorse marine”. Il progetto, che ha visto il coinvolgimento diretto degli operatori del settore, ha consentito di testare aree di gestione e di protezione (‘nursey’) di specie ipersfruttate per il loro valore commerciale e di sperimentare materiali alternativi per reti tubolari e reste per la mitilicoltura, che fossero completamente biodegradabili.

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