NON MANDARE TUTTO IN FUMO

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Non solo fumo, la coltivazione della cannabis riguarda soprattutto esperienze innovative, con produzioni che vanno dalla ricotta agli ecomattoni isolanti, dall’olio antinfiammatorio alle bioplastiche, dai cosmetici all’alimentare. È quanto afferma la Coldiretti nel commentare la decisione restrittiva presa dalle sezioni unite penali della Cassazione, che rischia di frenare un settore in grande sviluppo. In Italia, nel giro di cinque anni, sono aumentati di dieci volte i terreni coltivati a cannabis sativa, dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018 nelle campagne dove sono centinaia le aziende agricole che hanno investito nella coltivazione, dalla Puglia al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna.Tante sono, infatti, le varianti della canapa nel piatto, dai biscotti e dai taralli al pane di canapa, dalla farina di canapa all’olio, ma c’è anche chi usa la canapa per produrre ricotta, tofu ed una gustosa bevanda vegana, oltre alla birra. Dalla canapa si ricavano oli usati per la cosmetica, resine e tessuti naturali ottimi sia per l’abbigliamento, poiché tengono fresco d’esta te e caldo d’inverno, sia per l’arredamento, grazie alla grande resistenza di questo tipo di fibra. Se c’è chi ha utilizzato la canapa per produrre veri e propri eco-mattoni, da utilizzare nella bioedilizia per assicurare capacità isolante sia dal caldo che dal freddo, non manca il pellet di canapa per il riscaldamento, che assicura una combustione pulita. Si tratta di un ritorno per una coltivazione che fino agli anni ‘40 era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica). Il declino è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico”, che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta. ll Governo italiano nel 1961 sottoscriveva una convenzione internazionale chiamata “Convenzione Unica sulle Sostanze Stupefacenti” (seguita da quelle del 1971 e del 1988), in cui la canapa sarebbe dovuta sparire dal mondo entro 25 anni dalla sua entrata in vigore mentre nel 1975 esce la “legge Cossiga” contro gli stupefacenti, e negli anni successivi gli ultimi ettari coltivati a canapa scompaiono. “Oggi c’è un diffusa consapevolezza internazionale delle opportunità che possono venire da questa coltura ed è pertanto necessario, su un tema così delicato, l’intervento del Parlamento – commenta il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola – che dovrà tener conto dell’esigenza di tutelare i cittadini senza compromettere le opportunità di sviluppo del settore”.

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