«Il compendio probatorio acquisito nei confronti di Maggi non lascia alcuno spazio per dubitare del suo ruolo organizzativo» nella strage di Brescia (28 maggio 1974, otto morti e 102 feriti) «sul quale convergono non solo le dichiarazioni accusatorie di Tramonte e di Digilio, ma tutti gli altri elementi indiziari». Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazionidel verdetto che il 20 giugno ha confermato l’ergastolo per i neofascisti Carlo Maria Maggi, l’anziano medico di Venezia mandante di uno degli attentati più gravi- degli anni della strategia della tensione, e Maurizio Tramonte, padovano di Camposampiero, partecipe, giovanissimo, del piano stragista realizzato 43 anni fa. Dopo il verdetto della Cassazione, Maggi che ha 80 anni e problemi di salute è ai domiciliari alla Giudecca dove vive, mentre Tramonte (65 anni) è detenuto a Lisbona, in Portogallo, dove era scappato i giorni precedenti l’udienza in Cassazione dello scorso giugno. In autunno dovrebbe svolgersi l’udienza per l’estradizione di Tramonte e senz’altro il deposito delle motivazioni era uno degli atti attesi dai magistrati portoghesi che si devono occupare del caso che, in base a notizie dello scorso luglio, si annuncia di non scontata soluzione dato che in Portogallo non è prevista la condanna all’ergastolo.Un passaggio delle 140 pagine di motivazioni della Cassazione è dedicato ai servizi segreti e al loro contributo, anch’esso «incontroverso», nel rendere difficile la ricerca della verità, tuttavia – per gli’ermellinì – gli insabbiamenti non mettono in discussione la colpevolezza di Maggi e Tramonte. Si tratta praticamente degli unici imputati sopravvissuti ad archiviazioni e proscioglimenti “tombalI” perché non impugnati dalla procura, come quello del fondatore del Msi Pino Rauti, assolto nel 2010.