Nella settimana di mobilitazione sindacale unitaria per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro – e a trent’anni dalla legge che lo bandiva, nel marzo 1992 –, Cgil Cisl e Uil Veneto richiamano l’attenzione sul tema dell’amianto, chiedendo la riattivazione del confronto con la Regione per dare al Veneto un Piano regionale aggiornato e attuale.
Un confronto fermo da più quasi un anno per una regione come la nostra, compresa tra quelle che registrano ancor oggi le massime incidenze di mesotelioma (tra le malattie cancerose più gravi sviluppate per esposizione all’amianto). Nel VII Rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM, 2021), recentemente pubblicato da Inail, il Veneto conta ben 2.444 morti tra il 1993 e il 2018, periodo in cui sono state 31.570 le vittime complessive in Italia. Ogni anno nel nostro Paese muoiono circa 1.600 persone a causa dell’asbesto, cifra che sale a circa 3.000 se si sommano anche i decessi connessi alle patologie asbesto-correlate. Sono numeri inaccettabili, che superano addirittura quelli delle morti per incidenti nei luoghi di lavoro: eppure il tema dell’amianto continua ad essere questione di cui si parla troppo poco. La convocazione del tavolo tematico è un impegno delle parti nel Nuovo Piano strategico regionale 2021-2023 per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, assunto dalla delibera della Giunta del 15/02/2022 e frutto del confronto della Regione con le parti sociali. «Da tempo spingiamo per la riattivazione del tavolo – sottolinea Luca Mori di Cisl Veneto – poiché il tema dell’amianto rimane cruciale per almeno tre ragioni: l’impatto ambientale (smaltimento), la sorveglianza sanitaria delle lavoratrici e dei lavoratori esposti e l’indennizzo agli stessi e alle loro famiglie. Ad oggi nella nostra regione, che ancora vede incompleta la mappatura, ne sono censiti 1.348, di cui 796 ancora non bonificati (dato Arpav del 2020), quando in una regione come il Piemonte, a noi simile sotto il profilo delle attività produttive, ne risultano 60.751 (108mila a livello nazionale): è invece fondamentale avere un quadro chiaro e, soprattutto, aggiornato dei siti e degli impegni per la bonifica». «È di fondamentale importanza – aggiunge Carlo Biasin di Uil Veneto – conoscere le risorse che sono previste dalle norme a livello regionale, nazionale e comunitario per affrontare il problema dell’amianto e, di conseguenza, fare in modo che queste siano utilizzate al meglio: a tal fine, è necessaria una buona progettualità e una buona comunicazione. Per quanto concerne la sorveglianza sanitaria occorre ripartire dalla bozza delle linee guida presentata dalla regione nel 2020 e dai pareri espressi da Cgil Cisl e Uil del Veneto, insistendo sul passaggio da un approccio passivo (ovvero su iniziativa del singolo lavoratore), ad uno attivo, azionato attraverso chiamata da parte delle ULSS competenti».
“C’è anche la necessità di rafforzare ulteriormente il Fondo Vittime dell’Amianto – continua Renzo Pellizzon di Cgil Veneto –, garantendo indennizzi adeguati per i danni subiti a causa di questo agente cancerogeno al bando dal 1992. I malati e le morti per mesotelioma aumentano e il picco, secondo il parere degli esperti, è atteso per i prossimi anni. A fronte di questo, in Veneto le richieste di indennizzo al fondo invece diminuiscono: solo 126 tra il 2015 e il 2020, non professionali. Un dato in controtendenza che rende urgente una campagna capillare di informazione e sensibilizzazione sugli strumenti di tutela, con il coinvolgimento degli attori sociali e delle istituzioni, in particolare a livello locale nei comuni».