Scelte professionali influenzate dalla situazione familiare, stereotipi di genere relativi alla responsabilità di cura, minore partecipazione al mondo del lavoro, maggiore partecipazione al lavoro non retribuito, largo utilizzo del part time anche involontario, interruzioni di carriera più frequenti, segregazione settoriale: queste sono le maggiori cause delle importanti differenze salariali e contributive tra donne e uomini emerse dal convegno che si è tenuto oggi, venerdì 10 novembre al Palazzo Grandi Stazioni della Regione Veneto a Venezia per la presentazione della campagna “Equamente al Lavoro”, promossa da Regione del Veneto e Veneto Lavoro.
Solo alcuni numeri significativi: 9,2% è il tasso delle lavoratrici italiane a rischio povertà; 79esima è la posizione dell’Italia nella parità di genere; 27,9% è la percentuale delle donne manager in Italia; 19,7% è la differenza di genere rispetto al tasso di occupazione in Italia. Ma soprattutto: a livello pensionistico, le donne percepiscono il 49,53% in meno rispetto degli uomini. Su una media maschile di 1817 euro mensili, le donne registrano una pensione di 900 euro.
Per contrastare questi dati – che saranno anche i claim della campagna Equamente al Lavoro – la Regione del Veneto ha messo in campo strategie e mezzi per promuovere la parità di genere, come annunciato nel testo della Legge Regionale 3 “Disposizioni per la promozione della parità retributiva tra donne e uomini e il sostegno all’occupazione femminile stabile e di qualità” approvata dal Consiglio Regionale del Veneto il 15 febbraio 2022.
“In termini di parità di genere siamo purtroppo ancora indietro a livello europeo – ha spiegato il Direttore di Veneto Lavoro Tiziano Barone – Nonostante il dato sul Gender Pay Gap sembri premiare il nostro Paese, infatti, il divario di genere reale in termini di guadagni orari, numero di ore retribuite e tasso di occupazione è pari in Italia al 43% a fronte di una media europea del 36,2%, mentre considerando l’uguaglianza di genere anche al di là della sfera lavorativa siamo al 13° posto nell’UE. Oggi, ad esempio, 4 donne su 10 entrano nel mercato del lavoro veneto con un contratto a tempo parziale, a fronte di una media del 21% per gli uomini, e questa è una delle cause delle differenze salariali di genere, oltre a un maggior numero di ore di lavoro non retribuite, ad esempio per carichi di cura o familiari, una carriera di lavoro più discontinua e una maggiore presenza di donne in settori con livelli retributivi inferiori”.
Per Filippo Pagano, Direttore regionale INPS Veneto, anche “la regolazione normativa è una leva per cambiare le prospettive.
Un dato infine sulla Certificazione di Genere, che consente alle aziende sopra i 50 dipendenti di avere uno sgravio fiscale fino a 50mila euro annui: in Veneto ne hanno fatto richiesta lo scorso anno solo 23, su un totale di poco meno di 400 in Italia.
Inoltre Veneto Lavoro, in collaborazione con l’Osservatorio di Veneto Lavoro, l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’Università degli Studi di Padova, porterà avanti uno studio sulla differenza di retribuzione tra uomini e donne che lavorano in Veneto e le diverse componenti che entrano in gioco, con un focus sulle migliori pratiche a supporto di una maggiore uguaglianza salariale delle donne in Veneto utili ad elaborare politiche e programmi che riducano il Gender Pay Gap.