A un certo punto, nella nottte le firme potenziali in calce alla lettera di dimissioni erano 17: un numero sufficiente a far saltare l’amministrazione di Massimo Bergamin. Insomma: la sfiducia nella notte sembrava ad un passo. Poteva essere davvero la notte dei lunghi coltelli. Invece le lame si sono scoperte spuntate all’ultimo momento, e così il sindaco di Rovigo, è rimasto al suo posto grazie al soccorso pentastellato, con il gran rifiuto da parte dei consiglieri comunali grillini di firmare le dimissioni congiuntamente al resto della minoranza e a cinque esponenti della maggioranza. Il golpe è fallito, quindi, ma stavolta è andato davvero vicinissimo al colpo. Una volta saltato il banco, è stato tutto un rincorrersi di smentite e di precisazioni, di attestati di fedeltà non richiesti al primo cittadino. In realtà quello che è successo è molto semplicemente che nessuno si fidava fino in fondo degli altri e, soprattutto in maggioranza, i consiglieri disponibili al ribaltone prima di avallare l’operazione volevano constatare che il numero minimo fosse raggiunto. Alla fine la ciambella di salvataggio per l’amministrazione è arrivata dai consiglieri del M5S che, nel corso di una riunione, hanno deciso di puntare su una mozione di sfiducia da presentare in aula. Che equivale ad un salvataggio della giunta. Secca e dura la replica del sindaco: «Io non mi fermo. Girate pure per raccogliere le firme, prenotate anche il notaio. A Rovigo non passeranno i clan ed i loro complici».