L’ultimo rapporto della Fondazione Nordest fotografa la situazione della nostra Regione, che assomiglia a un Giano bifronte. Da una parte ci sono realtà economico-sociali con performance con standard elevati. Che vuol dire che nonostante la crisi economica abbia compiuto 11 anni, il Veneto è riuscito a resistere, con una tenuta di massima in termini di prodotto interno lordo, occupazione e investimenti. Questo dovrebbe essere di stimolo e spronare un po’ tutti ad un maggiore ottimismo. L’export poi cresce e nel Triveneto, nel primo semestre di quest’anno, ha superato il 2,3%. Però non è tutto oro quello che luccica. Rimane in sospeso il grave problema del fallimento delle due banche venete a cui si aggiunge una strana e quasi inspiegabile forma di disorientamento collettivo da parte degli abitanti delle sette province. In parole povere, la nostra Regione e il Nordest non si sentono più motore e protagonisti come lo sono stati in passato. I motivi di questo disorientamento sono molteplici e complessi. Uno di questi sicuramente è lo spostamento a Milano di una somma di poteri e una insopportabile lentezza decisionale rispetto al luogo dove queste scelte devono essere poi realizzate. A tutto questo si somma che il Nordest ha perso gran parte dei suoi punti di riferimento. Fossero banche aziende, istituzioni o politica. Insomma, è necessario rinnovarsi anche psicologicamente.