Con una variazione di bilancio la Giunta regionale del Veneto ha aumentato i finanziamenti per i Centri antiviolenza e le Case rifugio, finalizzando l’incremento di risorse al sostegno dei percorsi individuali delle donne (e dei figli minori) verso l’autonomia e il recupero della normalità. La Giunta regionale, su proposta dell’assessore alla sanità e al sociale Manuela Lanzarin, ha messo a disposizione quest’anno 600 mila euro (100 mila in più rispetto allo scorso anno) del proprio bilancio in favore dei 22 centri antiviolenza e delle 22 case rifugio presenti nel territorio veneto. “In attesa del’erogazione dei fondi nazionali destinati alla rete delle strutture antiviolenza – spiega l’assessore Lanzarin – la Regione Veneto si è impegnata a finanziare, con risorse proprie specifici, progetti di ‘uscita dalla violenza’ per le donne già accolte e prese in carico dalle strutture. I fondi saranno ripartiti tra i 22 centri antiviolenza (12.500 euro ciascuno, integrati da ulteriori 1560 euro per ogni sportello decentrato attivo nel territorio) e le 22 case rifugio (13 mila euro ciascuna) e sono finalizzati a sostenere le spese per specifici progetti di autonomia: contributi per canone di locazione, corsi e stage di formazione e aggiornamento professionale, attivazione di tirocini, borse lavoro e forme di inserimento lavorativo, spese di trasporto e per servizi che aiutino le donne con figli a conciliare tempi di vita e di lavoro”. Lo scorso anno quasi 8500 donne si sono rivolte ai centri antiviolenza del Veneto per ricevere informazioni, fare una segnalazione o avere un consiglio. Di queste, 2373 (280 in più rispetto al 2017) sono state prese in carico con percorsi di affiancamento, assistenza e protezione. I percorsi delle donne presso i Centri antiviolenza durano in media un anno e mezzo. Quelli di ospitalità e reinserimento nelle Case rifugio durano in media circa tre mesi e nel 50 per cento dei casi consentono alle donne di acquisire una loro autonomia. “Con questa assegnazione mirata ai progetti in corso quest’anno – conclude l’assessore – intendiamo sostenere sportelli, centri antiviolenza e case rifugio nelle iniziative volte ad accompagnare le donne prese in carico verso la riconquista della loro indipendenza e di una vita normale. Una volta superata la fase emergenziale della denuncia e della violenza, agita o minacciata, il reinserimento e il ritorno alla normalità devono essere l‘orizzonte di ogni intervento di contrasto del fenomeno e di messa in sicurezza delle vittime, compresi i figli minori coinvolti”.